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Salernitano (1953), un trascorso pittorico tradizionale, Pietro Turco nel 1977, dopo un’esperienza conoscitiva che attraversa il post-
Numerosi sono gli eventi espositivi che, espressione di tale movimento, hanno visto costantemente presenti le sue opere in Germania, Spagna, Australia, Messico, Brasile, California ecc.
La Mail Art ha infatti anticipato quella espressione creativo/comunicativa che avrebbe trovato nella “grande rete” (internet) un nuovo modo di diffondere arte.
Le opere cromatiche, la sperimentazione con tecniche miste erano per lui , già nel 1978, la percezione di quella che sarebbe stata, poi, con l’avvento della tecnologia, l’evoluzione possibile.
Informatico di professione, musicista e digital painter per "inevitabilità", Pietro Turco è il fortunato connubio di conoscenza tecnologica, segno, colore ed armonia.
L’arte digitale, dopo anni di “stand by”, si sta rivelando, di fatto, secondo lo stesso artista, “l’applicabilità di quello che sembrava rappresentare l’ultimo atto: l’arte concettuale. … è la ripresa di un viaggio…”
"Prima di essere portata su tela, la realtà di queste sue opere è stata costruita pezzo per pezzo, in tutti i suoi dettagli, le sue proporzioni e le sue sfumature. Le forme e la luce, prima modellate ed assoggettate al volere dell'artista, sono state poi dipinte.
Le sue opere, infatti, traggono origine dalla fotografia, che viene integrata e non privata di ulteriori informazioni digitali: elaborazioni e rielaborazioni di immagini, manipolazioni tecnologico/pittoriche, diventano una sorta di disputa tra pennello virtuale ed immagine reale.
Nonostante “dipinte elettronicamente”, attraverso le sue opere si intuisce chiaramente e, a volte, è addirittura evidenziata la trama della tela, l’odore del diluente e lo spessore della pennellata, il colore spalmato sulla tavolozza.
Non c’è ombra di dubbio che lo strumento computer sia estremamente flessibile e malleabile nelle mani di Pietro Turco: meno costrittivo dei canonici strumenti, il computer non limita la creatività di chi, come lui, vede nel digitale soprattutto la libertà di espressione di una forma d’arte veloce.
Decide la luce e le forme astraendole dalle leggi della Natura: luminosità, ombre e colori in contrapposizione tra loro, sfondi che mettono in risalto armonie e forme, inquadrature che determinano sensuali emozioni gli servono per comunicare e informare lo spettatore, anche sulle cose piccole, tipiche dell’arte pop. Ed ecco che gli oggetti che ci circondano parlano: anche le immagini più tradizionali di un vetusto glorioso Hammond vanno incontro al pubblico con un senso quasi di rispetto per lo spettatore. (Clementina D’Amico)